Tu sei qui: Economia e TurismoMonet e gli Impressionisti. Salto in un dipinto e non penso ad altro
Inserito da (admin), domenica 4 ottobre 2020 15:55:43
La mostra Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi, inaugurata nelle sale di Palazzo Albergati di Bologna il 29 agosto scorso e in corso fino al 14 febbraio 2021, rappresenta uno dei grandi appuntamenti con l'arte rimandato a causa dell'emergenza Covid-19. L'evento infatti si sarebbe dovuto svolgere da marzo a luglio 2020 ma, fortunatamente, il desiderio di far ripartire il settore culturale dopo mesi di stasi ha fatto sì che non fosse annullato, bensì posticipato e allestito rispettando il protocollo delle norme anticontagio: numero contingentato dei visitatori per singola sala, mascherina obbligatoria, controllo della temperatura e autocertificazione all'ingresso. L'esposizione è organizzata dal gruppo Arthemisia ed è curata da Marianne Mathieu, direttore scientifico del Marmottan Monet da cui provengono i dipinti. Il museo, fondato nel 1934, ospita una ricca collezione di opere impressioniste, grazie anche ai lasciti testamentari delle famiglie di Claude Monet e di Berthe Morisot, «l’unica donna a partecipare alle radici del movimento impressionista», come riporta il catalogo edito da Skira. A Bologna, è possibile ammirare un corpus di 57 opere, alcune di esse per la prima volta esposte fuori dalla galleria parigina: Ritratto di Berthe Morisot distesa (1873) di Édouard Manet, Il ponte dell’Europa, Stazione Saint-Lazare (1877) di Monet e Fanciulla seduta con cappello bianco (1884) di Pierre Auguste Renoir. Sono inoltre presenti capolavori quali Ritratto di Madame Ducros (1858) di Edgar Degas, Ritratto di Julie Manet (1894) di Renoir, Ninfee (1916-1919 ca.) di Monet. Completano la rassegna lavori di Jean-Baptiste Camille Corot, Eugène Boudin, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Paul Signac, Tazuko Kuga, Paul Paulin. [caption] Berthe Morisot (1841-1895)
Pastorella sdraiata, 1891
Olio su tela, 63x114 cm
Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Annie
Rouart, 1993
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman
Images[/caption] A emergere in modo significativo da questa mostra sono le opere e la vita di Berthe Morisot. La pittrice è stata infatti una figura molto affascinante nel panorama artistico francese. Malgrado non avesse potuto iscriversi all'accademia di belle arti, perché all'epoca ne era vietata alle donne la frequenza, riuscì a superare i pregiudizi del tempo e a portare avanti la sua passione, dapprima studiando sotto la guida di Geoffrey-Alphonse Chócarne e di Joseph Guichard, poi discostandosi dai canoni tradizionali e avvicinandosi alla pittura all'aria aperta tipica degli impressionisti. [caption] Camille Pissarro (1830-1903)
Boulevard esterni, effetto di neve, 1879
Olio su tela, 54x65 cm
Parigi, Musée Marmottan Monet, dono Eugène
e Victorine Donop de Monchy, 1940
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman
Images[/caption] L'Impressionismo, infatti, è la corrente che prima, e meglio di tutte, ha portato l'atelier in strada, 'fotografando' (siamo nella seconda metà dell'Ottocento, il dagherrotipo era stato inventato nel 1839) la trasformazione urbanistica del tempo: l'illuminazione artificiale, le innovazioni tecnologiche, il traffico metropolitano, le passeggiate nei bois. Ma è anche la corrente che ha catturato la variazione della luce nel suo divenire diurno o stagionale: albe, tramonti, primavere, autunni... Ed è proprio in questi ampi paesaggi fatti di giardini, viali alberati, spiagge deserte che lo sguardo dello spettatore si perde alla ricerca di fiato, di una libertà agognata al di là della mascherina che divide il suo respiro dalla tela. Ci si tuffa dentro, e come Mary Poppins quando salta dentro il quadro, prova a vagare con lo sguardo in un altrove parallelo, spensierato e libero alla scoperta di un sé lontano nel passato o nel futuro. Questo desiderio corrisponde a quello di Renoir riportato su un pannello esplicativo presente nelle sale di Palazzo Albergati: «Quando si tratta di un paesaggio, amo quei quadri che mi fanno venir voglia di entrarci per andarvi a spasso». [caption] Claude Monet (1840-1926)
Passeggiata ad Argenteuil, 1875
Olio su tela, 61x81,4 cm
Parigi, Musée Marmottan Monet, dono Nelly
Sergeant-Duhem, 1985
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman
Images[/caption] In quest'ottica, sono le opere di Monet che meglio rispondono a questo bisogno psicologico dell'individuo in un momento così distopico come quello attuale. La luce è al centro del suo interesse quando dipinge le locomotive catturate in una nuvola di vapori, le cattedrali che si scorgono tra la nebbia o le ninfee che si riflettono nell'acqua. Basta avvicinarsi gradualmente a queste opere per accorgersi come la forma cambia e l'immagine scompare, si nasconde, evapora verrebbe da dire, piano piano dietro lo strato materico del colore. Ciò che prima sembrava un ponte adesso appare un arabesco, il dipinto cambia forma sotto il nostro sguardo stupito che accostandosi cerca la mimesi ma scopre l'astrazione. Ed è così che siamo accolti nel giardino di Giverny e troviamo un Monet anziano, affetto da una cataratta che lo ha costretto a tre interventi agli occhi, ma ancora in grado di ricordare e riprodurre il rosso dei suoi roseti, i salici, i glicini e i fiori acquatici. Saltiamo ancora una volta nel quadro, ci immergiamo in quel colore, entriamo in contatto con la materia ormai fluida ma perdiamo forma e consistenza anche noi, dimenticandoci per un attimo della realtà, del presente e delle nostre paure al di qua della tela. Manuela Nastri
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