Ultimo aggiornamento 11 ore fa S. Rosa da Viterbo

Date rapide

Oggi: 4 settembre

Ieri: 3 settembre

Ultimi 3 giorni

Ultimi 7 giorni

Ultimi 30 giorni

Intervallo di date

cerca

Booble News Costiera Amalfitana

Il giornale dalla Costa d'Amalfi

Booble News - Il giornale dalla Costa d'Amalfi Direttore responsabile: Manuela Nastri

Hotel Casa Angelina Praiano, il lusso discreto tra arte, lifestyle e paesaggi mozzafiatoPasticceria Pansa, la dolcezza in piazza ad AmalfiCaseificio "La Tramontina" - Prima Cotta, la Mozzarella di Bufala Campana fuori dal coro. Caseificio dal 1952, tradizione, sapori, esperienza casearia, Qualità

Tu sei qui: TecnologiaClaudio Baglioni su Auschwitz: se comprendere è impossibile conoscere è necessario

Frai Form Ravello del dottor Franco Lanzieri. Centro medico estetico, epilazione laser, efficace e indolorePasticceria Pansa ad Amalfi la dolcezza dal 1830Maurizio Russo, liquorificio dal 1899 - Bu, le creme con latte di BufalaPorti di Amalfi, Pontile Coppola, Ormeggi in Costa d'Amalfi, Amalfi approdo turistico, Amalfi il portoSupermercati Netto Maiori, Pagina ufficiale offerte Facebook

Hotel Covo dei Saraceni Positano, Albergo 5 Stelle in Costiera Amalfitana, affacciato sul meraviglioso fronte mare della città verticale

Tecnologia

Claudio Baglioni su Auschwitz: se comprendere è impossibile conoscere è necessario

Inserito da (admin), mercoledì 27 gennaio 2016 22:42:46

Un post toccante e commovente come solo Claudio Baglioni poteva scrivere. Un ricordo lontano 45 anni ritorna prepotente nella mente del grande cantautore italiano. Di seguito il post integrale pubblicato sulla pagina Facebook certificata dall'autore: Sono passati 71 anni da quando i Russi il 27 gennaio del 45 scoprirono ad Auschwitz e dintorni il più grande luogo di sterminio nazista spalancando le porte di un orrore indicibile. Nel '71 ero in giro in Polonia per la mia terza tournée di concerti nell'Europa dell'Est. Viaggiavamo ogni dì tutti in pullman per raggiungere i posti e i teatri dove avremmo cantato e suonato la sera. Quel giorno bigio e piovigginoso stavamo attraversando un po' insonnoliti un territorio di boschi e paludi. Arrivando ad un grande cartello stradale con su scritto Oświęcim il traduttore avvertì me e i miei musicisti ch'eravamo in anticipo sul ruolino di marcia e che ci saremmo fermati per visitare un sito "famoso di carcere e di lavoro". Distratti dal viaggio nessuno di noi collegò quello strano nome polacco ad Auschwitz e alla sua terribile storia. C'incamminammo nell'umido freddo verso le recinzioni di filo spinato a linee ordinate e sovrapposte passando un cancello con sopra una scritta tortuosa tra due cornici di ferro Arbeit match frei "il lavoro fa liberi" - disse la nostra guida -. Mi colpì la B di Arbeit saldata al contrario. "Per protesta di fabbro" rispose la guida. Strusciammo vialetti spogli e paralleli ai reticolati ad alta tensione tra i blocchi delle basse baracche con i mattoncini a vista. Mentre l'accompagnatore parlava ascoltavamo quasi meccanicamente e cominciavamo a renderci conto. Qui concentravano 'i morti in vacanza'. Dapprima i dissidenti polacchi. Gli intellettuali e gli oppositori. Poi i prigionieri di guerra per lo più russi. Quindi i criminali comuni tedeschi. Infine tantissimi ebrei e gli zingari. E ancora i cosiddetti asociali. Prostitute e omosessuali. Deportati e internati nei campi. I malati, i vecchi, i bambini insomma gli inabili erano subito eliminati. Gli altri - i rinati - venivano messi a produrre le teste rasate e le ossa sempre più in fuori con le divise a pigiama rigato e gli zoccoli la matricola su una pezza di vari colori cucita all'altezza del cuore e un numero tatuato all'interno del braccio. Entrammo ancor più costernati nelle camerate coi letti a castello e i pagliericci senza cuscini e coperte e nei magazzini con le valigie accatastate e le scarpe, i vestiti e gli occhiali. Avanzammo lungo il cunicolo detto 'la strada del paradiso' per arrivare alle docce e alle camere a gas attaccate ai forni con i camini e le ciminiere e non lontano le fosse dei roghi. Seguimmo tutto il tremendo percorso di quella fabbrica della morte che gli aguzzini chiamavano 'svelta e dolce' con cui annientarono come in una catena e solo lì un milione e mezzo di poveri cristi. Nel fare il tragitto obbligato verso l'uscita ero come stordito sperando in cuor mio che fosse come nei parchi tematici o negli ex teatri di posa del cinema dove sai che è tutta pura finzione. Ma sulle pareti una teoria infinita di foto e gente con su solo gli occhi mi confermò che non era così. Uscimmo a riprendere il pullman in un silenzio irreale e sgomento e nessuno fiatò per tutto il resto del tempo. Primo Levi lo scrittore e poeta torinese sopravvissuto alla detenzione ci lasciò, tra le tante, queste parole: L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria. Auschwitz è fuori di noi ma è intorno a noi. È nell'aria. La peste si è spenta ma l'infezione serpeggia. Se comprendere è impossibile conoscere è necessario.

Se sei arrivato fino a qui, significa che apprezzi il nostro impegno nel fornire notizie libere e accessibili a tutti.

Per garantire un ambiente sicuro per i nostri lettori, abbiamo rimosso tutta la pubblicità invasiva, i cookie e i tracciamenti di terze parti.

Tuttavia, per continuare a offrirti un'informazione di qualità, il tuo aiuto è fondamentale. Anche un piccolo contributo può fare la differenza.

Sostieni Booble News!

Scegli il tuo contributo con

rank: 10843102