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Nitto Atp Finals, Djokovic contro il giovanissimo Rune è la metafora della vita

Innamorarsi del tennis a Torino: la sfida tra il tennista serbo di 36 anni e il 'piccolo' danese di soli 20 anni ci può insegnare molto

Inserito da (Redazione Nazionale), lunedì 13 novembre 2023 21:25:09

di Norman di Lieto

A Torino, ci sono gli 8 giocatori più forti del mondo: e sono tutti lì a giocarsela.

Sfidandosi l'uno contro l'altro.

Da una parte nel girone green il numero 1 al mondo, Novak Djokovic se la vedrà con il ‘padrone di casa' Sinner, con Tsitsipas e Rune.

Nel girone rosso, lo spagnolo Alcaraz e il ‘trio delle V finali': Medvedev, Rublev, Zverev.

La prima giornata di apertura non volevo proprio perdermela e dopo aver visto regolare abbastanza velocemente da Sinner - idolo di casa - l'avversario Tsitsipas, ho deciso di guardarmi anche il doppio che vedeva però un palazzetto per certi versi a dir poco spopolato, rispetto alla partita tra i 'singoli'.

Il pezzo forte, il più atteso, era il debutto del numero 1 al mondo contro il giovane danese Rune, allenato 'nientepopodimeno' da Boris Becker.

Tutti ‘coccolati' da una città, Torino, che dalle olimpiadi invernali del 2006 non rivedevo così elettrica per un evento sportivo, anche se l'evento Nitto Atp c'è stato anche l'anno scorso e ci sarà anche l'anno prossimo, fino al 2025.

Per la partita delle 21.00 della prima giornata di calendario non c'è posto neppure per uno spillo, il re Djokovic arriva come numero 1 del mondo ed è desideroso della vittoria.

Di fronte a lui un ragazzo danese di vent'anni sfrontato e con quell'incoscienza tipica dei vent'anni che regala scambi forsennatamente prolungati con il re, con gli applausi che lo stesso Novak gli dedica quando piazza giocate da urlo, sembra proprio di vedere affrontarsi due giocatori molto simil seppur divisi dall'età anagrafica e dalla carriera.

E l'impressione di questa similitudine nel modo di giocare dei due avversari, sarà presto confermata dallo stesso Djokovic che nell'intervista post gara - dopo aver ‘piegato' non senza fatica e al meglio dei 3 set il ragazzino terribile - lo definisce come "un avversario con cui gli sembra di giocare allo specchio" per quanto sono simili.

Come detto, Rune se l'è giocata - e bene - contro il re, perdendo due set a uno.

Per ora, è ancora lui, Djokovic, il numero 1 e se la giocherà per qualche anno ancora. Giovani permettendo.

Sì, perché la metafora di questa partita è stata un pò quella della vita ed è stato emozionante viverla all'interno di uno sport gentile e di tradizione come il tennis.

Djokovic ha regalato carezze al ‘piccolo' Rune durante l'intervista post gara:

"Lo ringrazio per avermi permesso di vincere questa partita" e ammettendo, candidamente, che per lui questi saranno gli ultimi anni di carriera in cui lui proverà a raccogliere il maggior numero di successi e che il futuro è tutto di questo ventenne sfrontato con il cappellino tirato indietro che tira certe legnate che a vederlo uscire dagli spogliatoi prima del match ti crea quasi un effetto distopico.

Ma torniamo alla metafora della vita: da una parte chi con sacrifici è arrivato al successo, numero 1 al mondo dando voce e seguito, reale, ai suoi sogni da bambino entrando nella storia del tennis, diventando il più vincente nella storia di questo sport. Mica poco.

Ma il tempo è inesorabile fa tic tac, non aspetta, non attende e mentre quello se ne va c'è una generazione affamata, vogliosa, pronta a sfidarti per provare a portarti via quel successo.

In una partita, in più partite, con un altro giovane che proverà nuovamente a togliere lo scettro al vecchio re.

Quindi, ad ogni numero 1, lo aspetta al varco un Rune. Determinatissimo.

L'umiltà del vincente, del re, sta nell'accettare lo ‘scorrere' del tempo ed affrontarlo senza guardare al passato ma rimanendo centrato nel presente, pensando alle sfide che lo attendono, step by step.

C'è stato un momento magico, quasi catartico quando in uno scambio tra le due generazioni del tennis, il tempo sembrava sospeso: a spezzare l'incantesimo un piccolo cortocircuito che ha costretto arbitro a fermare il gioco e ad annullare quella magia come se non fosse mai avvenuta.

Apriti cielo, mugugni del pubblico, proteste di Djokovic e dello stesso Rune: la magia non si può e non si dovrebbe mai cancellare.

La verità è che se non ci fosse stata quella 'maledetta' interruzione, più gli scambi continuavano e più si era completamente immersi nella magia del tennis e di quello che sembrava (ci) volesse comunicare.

Se l'arbitro non avesse fermato quello scambio celestiale non avremmo mai capito chi dei due avrebbe potuto realizzare il punto vincente, per bravura propria o per l'errore dell'avversario.

Ma non importa, anche se quello stop inopportuno è riuscito a spegnere anche un pò dei sogni di ognuno di noi.

Ma che cosa sembrava che si dicessero i tennisti in campo mentre gli scambi tra i due si facevano sempre più bellicosi, lunghi e deliziosi allo stesso tempo?

Mi sono immaginato durante quel silenzio quasi irreale che ti mantiene sospeso nel vuoto mentre la pallina lascia ogni volta tra sé e il rettangolo di gioco uno spazio sottilissimo insieme ad un suono continuo delle racchette in volo continuo, messaggi diversi, da consegnare con una certa urgenza, dall'altra parte della rete.

Rune ogni volta che serviva e inanellava diversi ace, sembrava voler dire:

"Tu sei il re, ma io a 20 anni posso darti già dei grattacapi, stai a vedere".

E non poteva essere diverso se chi lo allena, è quel Boris Becker che vinse Wimbledon a 17 anni diventando il più giovane tennista a vincerlo, ripetendosi l'anno dopo e non avendo mai avuto nessun timore reverenziale nei confronti dei mostri sacri del tempo.

Quel Becker che dopo il successo sportivo ha avuto varie vicissitudini personali e che ogni volta che il suo 'ragazzo' metteva a segno un punto vincente, gli chiedeva di respirare, di stare calmo.

"Ragazzo, sfrontato sì, ma centrato, sul pezzo".

Poi noi, intanto si stava seduti a gustarci, non necessariamente in quest'ordine: servizi, scambi ripetuti e continui con colpi di classe del giovanissimo Rune, a cui lo stesso Djokovic applaudiva quando andavano a segno.

"Ehi, re, hai visto che sono forte? Fammi spazio, è il mio tempo, ho voglia di mangiarmi il futuro".

Nella partita e nella sua dinamica c'è tutta la risposta di Djokovic: fatica a vincere il primo set solo al tie break, 7-6; perde il secondo sempre sul filo e sempre al tie break, sempre per 7-6; ma poi al terzo decide di regolare la disputa con la tranquillità e l'esperienza, quella stessa tranquillità che il giovanissimo Rune perde, affondando così inesorabilmente nella morsa del re.

"Ragazzo, è già questo il tuo tempo, mi hai dato filo da torcere, ma di strada da fare ne hai ancora tanta, io sono ancora qui e non sarà facile farmi uscire dal campo a suon di colpi, a volte troppo nervosi e che vanno, giocoforza alle stelle. Riprova, la strada è giusta, continua a lavorare e, soprattutto a crederci".

La foga del giovane che vuole tutto e subito ma che ne ha ancora di strada da fare, anche se essere a 20 anni tra i primi 8 al mondo, qualcosa vorrà pur dire, senza dimenticare il fatto che il redivivo Becker ti abbia scelto come suo allievo da 'plasmare', assumendo così, connotati ancor più speciali alla tua carriera da professionista.

Le carezze post gara di Djokovic per il giovane Rune dicono esplicitamente quello che la racchetta implicitamente ci aveva fatto capire quando, come detto, tutti noi, estasiati e silenti sugli spalti, ascoltavamo incantati il suono dei colpi che i due si davano senza remore: chi in maniera più saggia e pacata e chi con più foga e sfrontatezza.

E che suona più o meno così:

"Se la vita fosse come il tennis, stai tranquillo Rune che c'è posto per tutti. Basta saper attendere, lavorare e crederci."

Grazie tennis per questa (ulteriore) lezione di vita.

W il tennis!

Intanto, lui, Djokovic, con la vittoria di ieri, è per l'ottava volta numero 1 al mondo, confermandosi tale, fino alla fine del 2023.

Dal 2024 si (ri)vedrà.

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