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Cultura

Purgatorio. I sospesi: nel 700° di Dante a Saronno una mostra per Furio Cavallini

Inserito da (admin), giovedì 7 ottobre 2021 12:30:56

A Casa Morandi in esposizione dal 10 ottobre opere a olio e una serie di disegni dedicati alla malattia mentale del pittore attivo dagli anni ‘50 tra Toscana, Lombardia e Friuli Saronno, Varese – Una testimonianza artistica della condizione di isolamento che comporta la malattia mentale. È quella che troviamo nei ritratti realizzati da Furio Cavallini negli anni ottanta agli ospiti dell’ex-manicomio di Trieste. Dal 10 al 24 ottobre 2021, alcuni di quei disegni saranno esposti all’interno della mostra "Purgatorio. I sospesi", che inaugura sabato 9 ottobre alle ore 16 nella Sala Nevera di Casa Morandi a Saronno. Organizzata in occasione del 700° anniversario della morte di Dante dall’Associazione Flangini, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Saronno, la mostra, a cura di Elisa Favilli e Cristina Renso, con l’intervento di Diego Furgeri, vuole omaggiare la figura di Furio Cavallini in vista dei dieci anni dalla sua scomparsa. Al vernissage, che anticiperà di un giorno la giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre, saranno presenti alcuni ragazzi dell’Accademia del Profondo, per una breve dimostrazione del loro recente lavoro sull’Inferno di Dante, e la figlia dell’artista, Giulia Cavallini, che racconterà della singolare esperienza vissuta dal padre nell’ex-ospedale psichiatrico di Trieste, dove Franco Basaglia aveva esercitato fino alla chiusura. Inoltre, saranno letti alcuni testi degli scrittori Luciano Bianciardi, Carlo Cassola e Mauro Furgeri, amici di Furio Cavallini. Pittore molto noto dalla metà del secolo scorso, Furio Cavallini ha intensamente lavorato tra Toscana, Lombardia e Friuli. Da artista provocatorio, già negli anni sessanta coglie le contraddizioni di un eccessivo sviluppo economico che porta all’alienazione dell’uomo e all’estenuazione fisica fino alla malattia. D’altro canto la malattia è un’esperienza che l’artista conosce nel 1955-56, quando viene ricoverato al sanatorio di Firenze. Anche in questa situazione di sofferenza l’artista disegna "furiosamente": attraverso rapidi, ma intensi schizzi ritrae gli altri pazienti. «Descrive senza parole la fugacità del tempo, la bellezza dell’anima. Firenze apprezza i suoi lavori. Qui realizza una serie di mostre che premiano il suo punto di vista critico e la sua capacità di raccontare il tempo sospeso nell’immobilità di un quotidiano fatto di particolari.» (Elisa Favilli) La mostra dedica un’intera sezione ai ritratti dei malati dell’ex-manicomio nel Parco di San Giovanni a Trieste, dove nel 1987 Cavallini si rifugia, trasferendovi il suo studio, lasciata Milano a seguito di una crisi creativa. In neanche un anno realizza numerosi dipinti e disegni che ritraggono gli ultimi ospiti dimenticati nella struttura psichiatrica ormai chiusa, cogliendo la loro condizione "purgatoriale": «Sospesi tra una vita malata e "la vita sana", spettatori indifesi e inermi di esistenze altrui. I rami degli alberi diventano sbarre che li escludono dalla realtà e con essi l’artista che ne condivide l’esperienza: attraverso le finestre essi possono solo osservare il mondo e la vita che scorre poco lontano nel parco divenuto pubblico.» (Cristina Renso) In esposizione anche opere a olio, tra cui vedute e nature morte, nelle quali si avverte lo stesso senso di abbandono dei ritratti, che diventa "attesa" nella rappresentazione della giacca, «la cui forma sembra alludere a un ritorno, a un’assenza-presenza.» (Cristina Renso) Dalla sintonia di pensiero con lo scrittore Luciano Bianciardi e dalla loro amicizia nasce uno dei temi fondamentali della sua arte. La natura disabitata diventa un tema morale, che si contrappone alla realtà milanese contemporanea e all’ottimismo economico di quegli anni, che vedono «un oceano di gente che quotidianamente la vive muovendosi dentro un paesaggio segnato dalla scansione delle case e dei grattacieli, da un centro che si perde dentro i nuovi quartieri e le sue numerose periferie. Qui la campagna è inesistente.» (Elisa Favilli) Biografia Furio Cavallini è nato a Piombino (Livorno) nel 1929. È il primo di tre fratelli di una famiglia operaia che nel 1941, a causa della guerra, si trasferisce a Riparbella (Pisa), paese natale del padre, nelle colline dell’alta Maremma tra Cecina e Volterra. Lavora con il padre al taglio del bosco fino al 1945, in periodo drammatico dovuto allo scontro bellico tra le armate tedesche e americane. Nel 1946 la famiglia ritorna a Piombino e anche Furio, come il padre, va a fare l’operaio metalmeccanico nella grande industria. La sua visione della realtà si concretizza nel bisogno di ritrarre le cose e le persone. Inizia così a frequentare saltuariamente l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Nel 1952 lascia la fabbrica e si trasferisce a Firenze. Nel 1953 va a vivere a Milano, frequenta l’Accademia di Brera e partecipa alla vita culturale dell’epoca. Nel 1956 è costretto a ricoverarsi in sanatorio a Firenze per una grave crisi polmonare e contemporaneamente espone con successo le sue opere del periodo milanese. Ripresosi presto dalla malattia deve però tornare a Piombino a causa delle gravi difficoltà familiari, continuando sempre a lavorare come impiegato e a dipingere. Nel 1960 conosce Deanna, la compagna della sua vita, con cui ha due figli; nel 1966 decide di andare a vivere con la famiglia a Firenze dove realizza mostre di successo. Nel 1967 viene chiamato a insegnare come assistente al liceo artistico. L’insegnamento e la pittura lo assorbono completamente, ma il ricordo della metropoli lombarda lo spinge a trasferirsi di nuovo a Milano nel 1973 con la moglie e i figli, diventando titolare della cattedra di figura disegnata al Liceo Artistico di Busto Arsizio (Varese). Nel 1977 abbandona l’insegnamento dedicandosi completamente alla pittura allestendo mostre in Italia e all’estero. A seguito di una crisi creativa, nel 1987 lascia Milano e trasferisce il suo studio negli spazi dell’ex-manicomio di Trieste. Nel 1997 ritorna con la moglie a Riparbella, paese della sua adolescenza. Nel 2004 si trasferisce a Cecina dove muore nel 2012.

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