Tu sei qui: CronacaSfruttamento lavoro, 4 arresti dopo inchiesta procura Prato su aziende pronto moda cinesi
Inserito da (Redazione Nazionale), lunedì 30 gennaio 2023 19:33:12
Sul distretto di Prato e le innumerevoli aziende cinesi presenti sul territorio si erano già scoperte diverse irregolarità: prima con inchieste giornalistiche, poi con ispezioni della Guardia di Finanza, infine con l'arrivo della stessa Procura di Prato che ha delineato uno scenario davvero inquietante tra le mura delle imprese di pronto moda del territorio toscano:
ritmi di lavoro disumani, episodi di violenza, condizioni di lavoro insicure e falsi attestati di formazione: questo è il quadro che emerge dall'inchiesta.
E' stato riscontrato dagli inquirenti un vero e proprio sfruttamento lavorativo da parte delle ditte di confezioni e pronto moda cinesi, portando oggi all'esecuzione di 4 misure cautelari a carico di una coppia di imprenditori cinesi, arrestati e condotti in carcere, e di due loro collaboratori, messi agli arresti domiciliari, uno dei quali è un prestanome.
L'indagine ha riguardato l'azienda Dreamland ed è scaturita, spiega il procuratore Giuseppe Nicolosi in un comunicato, "dalla brutale aggressione con cui l'11 ottobre 2021 un gruppo di cittadini cinesi ha sedato sul nascere un disperato tentativo di emancipazione da parte dei lavoratori della stessa ditta".
Quel giorno il sindacato Si Cobas aveva promosso una manifestazione davanti ai cancelli dell'azienda proprio per far valere i diritti costituzionalmente garantiti.
Per reprimere l'iniziativa sindacale una decina di persone, armate di spranghe, bastoni e mazze da baseball, sorpresero il gruppo dei manifestanti colpendoli con violenza al corpo e al volto, costringendo quattro persone a ricorrere alle cure ospedaliere.
Nei giorni successivi gli accertamenti della Digos portarono ad identificare e a denunciare otto persone. Al tempo stesso scattarono le indagini condotte dalla Asl, dai Carabinieri e dall'Ispettorato del Lavoro per verificare le condizioni di lavoro nella fabbrica.
Gli operai cinesi e pakistani erano costretti a lavorare 7 giorni su 7, per 13 ore al giorno, con brevissime pause concesse soltanto per mangiare alle medesime postazioni di lavoro. Il tutto per una misera retribuzione: a cottimo dai 7 ai 13 centesimi per capo lavorato, oppure compensi forfettari inferiori ai 3 euro l'ora.
Le paghe erano perfino più basse di quelle offerte ai lavoratori sprovvisti di permesso di soggiorno.
Le condizioni di sicurezza all'interno della fabbrica sono definite dalla Procura "assolutamente precarie". Durante l'indagine sono state numerose le prescrizioni impartite dai tecnici della prevenzione della Asl, in alcuni casi mai ottemperate dai titolari dell'azienda.
Fonte foto: Foto didjedjdaPixabay e Foto diGerd AltmanndaPixabay
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