Storia e StorieIL CASTELLO DI NICO'

IL CASTELLO DI NICO'

Inserito da (admin), lunedì 29 agosto 2016 19:18:06

Mentre sistemavo vecchi documenti, alcuni addirittura del 1899, un foglio stropicciato ha catturato la mia attenzione: Corriere dei Piccoli senza data e senza riferimenti particolari. Sono quattro articoli integrali che ho deciso di ricopiare sul nostro blog. Di seguito il secondo articolo intitolato "IL CASTELLO DI NICO'". di Adele Albieri tratto da il CORRIERE DEI PICCOLI Io non ho mai visto un bimbo andare con tanta disinvoltura in cerca d'un castello in aria. Veniva da Genova e andava ad Udine; tagliava diritto l'Italia settentrionale, s'avvicinava un po' pavido, un po' ansioso al Veneto - tutto pieno di fronti dove si combatte, e quindi di rombi, di aeroplani, di pericoli - per raggiungere il babbo ad Udine. Il suo babbo ad Udine faceva il tenente medico in un ospedale militare; e la sua mamma? oh! la sua piccola dolce mamma egli aveva l'aria di portarla con sé per farle da cavaliere, per presentarle i monti, il lago, le gallerie, le città, i paesini che sopravvivevano veementi di là dei finestrini pieni di vento e di sole; come se tutto quel bello e vario paesaggio fosse proprio suo, di Nicò Berri, creato esclusivamente per lui! E tutto ciò, pensate, tutto ciò perché egli ne aveva preso possesso, un'altra volta, in una andata e ritorno come questa, verso la stessa meta. Ne aveva preso possesso con i suoi grandi occhi intelligenti e curiosi, e la sua curiosa e fresca anima puerile. [caption] Il castello in aria[/caption]Ma quel castello in aria ch'era il suo sogno, che doveva apparirgli come una fantasmagoria ad uno svolto improvviso come babbo aveva assicurato, non appariva mai! Ed egli girava gli occhioni inquieti, ove s'arrotondavano sempre due immensi punti interrogativi, verso la mamma, che gli sedeva di fronte, ed esclamava ogni tanto: - Ma insomma... e questo castello? E la mamma severa: - Bè Nico, non è finita? il castello apparirà, se sei buono. La volta passata durante il viaggio il bimbo non aveva fatto che seccare i viaggiatori, scivolando cautamente nei corridoi, comparendo sugli usci degli scompartimenti, guardando di sotto in su uomini tanto fatti, con i suoi chiari occhi curiosi. [caption] Il babbo di Nicò[/caption]E perché? per chiedere notizie del paesaggio, i nomi dei paesi, o l'altezza giusta di un cipresso, o magari la lunghezza precisa in metri e decimetri del lago di Garda. Invano la mamma s'era spolmonata a riprenderlo; ella aveva voluto raccontare poi la sua disubbidienza al babbo per fargli dare una ramanzia, e il babbo - che profondo e generoso psicologo quel babbo! - invece di ramanzina aveva inventato un castello in aria, che sarebbe apparso improvvisamente a uno svolto:

"Uno splendido castello, sulla cima di un gran sogno, con le nubi per sgabello. Un castello di fortuna con le basi nelle nebbie ed i merli nella luna!"

Oh! era così felice babbino di tenerselo sulle ginocchia e così incantato anche dalle sue scappatelle, che chi sa mai cosa avrebbe inventato ancora per farlo divertire!

Nicò aveva ascoltato con avidità i versi del castello, se li era fatti ripetere tante volte, fino ad impararli, e s'era infine accorto che non erano completi:

- Babbo, e poi?

- E poi basta!

- No, ancora!

- Bene, impara questi, stasera ti dirò gli altri, che sono ancora più belli.

Nicò al babbo ubbidiva sempre! Certo, certo, poich'egli lo affermava senza battere ciglio, senza nemmeno fare quella piega lievissima di sorriso che gli si disegnava sulle labbra quando diceva uno scherzo, certo il castello esisteva e bisognava avere la costanza di attenderlo, poiché, durante il viaggio di ritorno, sarebbe ad un dato punto balzato incontro, inquadrandosi fuggevolmente nel finestrino dello scompartimento.

Invece, che peccato! viaggiarono quasi sempre di notte e neanche a farlo apposta la luna non c'era; e si vede che anche i merli del castello, in mancanza di essa, s'erano promessi di non esserci! D'altronde egli aveva dormito tante ore, credendo di avere soltanto socchiusi gli occhi qualche attimo.

Ma ora il giorno era pieno e luminoso e il castello doveva apparire! La vigile attesa lo teneva inchiodato al finestrino, tranquillissimo; ciò che induceva la mamma a render mentalmente grazie a babbino, il quale, invece che ramanzina aveva inventato il castello in aria provvidenziale.

Ogni tanto la vocina trillava, interrogatrice: - Mamma... infine, e questo castello?

- Più avanti, Nicò!

- E se non c'è?

- C'è, Nicò! soltanto bisogna attenderlo.

- Ma io mi stanco di guardare sempre fuori sai!

- Bè, fa un sonnellino, Nicò; adagiati qui sulle mie ginocchia; guarderò io e quando appare ti chiamo.

- No, no! tu leggi o ti addormenti e ti dimentichi di stare attenta. E poi, dimmi la verità: dice la poesia che il castello ha i merli nella luna, ma ora c'è il sole; allora neppure stavolta lo vediamo?

- Si, credo che lo vedremo perché, non ti ricordi? la poesia dice anche:

"Un castel di luce pieno, tutto vivo di colori, come un bell'arcobaleno;

senza gufi, né avvoltoi con le aurore boreali sopra i ponti levatoi!"

Benissimo! Ma quello che era rimasto impresso a Nicò era appunto il verso: "ed i merli nella luna". Giaà egli s'era figurata la faccia ridente della luna trafitta dai merli del castello e gli pareva di essere uno spettacolo fantastico. Perciò rimaneva perplesso in un suo grande dubbio doloroso, quando io salii nel suo scompartimento. Che aperta faccina di bimbo mi si volse ossequiante, chinandosi gentile al saluto! Nicò mi guardò subito accennando il suo posto, con aria desolata; guardò la mamma, riguardò me, esitò, poi disse tutto d'un fiato: - Io dopo, quando è passato il castello in aria, te lo dò il posto, sai, signora!

Si vede che Nicò era nato cavaliere; e star li al suo posto fresco, accanto al finestrino, gli pareva una grave infrazione alle regole della cavalleria. Fummo subito amici ed io seppi tosto che egli si chiamava Nicò, che aveva quattro anni, otto mesi e nove giorni, che andava a trovar il babbo vestito in grigio-verde, che c'era stato un'altra volta, che ci mancavano ancora sei ore a giungere, e infine che il castello in aria della poesia stava per comparire.

E allora io non seppi far meglio che mettermi più accosto che potei al finestrino e star li con tanto d'occhi ad aspettare anch'io il castello in aria; ciò che lo divertì immensamente!

Egli si volgeva a tratti verso di me e sussurrava: - Sta attenta, sai signora! - Ed io: - Attentissima! non vedi, Nicò?

Allora egli diceva qualche verso, cantilenandolo un po' con molta grazia:

con le basi nelle nebbie ed i merli nella luna.

Oppure:

senza gufi né avvoltoi con le aurore boreali sopra i ponti levatoi

Proprio come ci fosse stata la possibilità di sbagliare con qualche altro castello in aria, senza le aurore sui ponti, e senza i merli infilzati nella luna, il quale si sognasse di passare distrattamente davanti al finestrino.

[caption] Nicò attaccato al vetro del finestrino per cercar di scorgere il castello in aria[/caption]

Più tardi un po' deluso per la lunga ed inutile attesa, Nicò mi disse con aria di furberia: - Temo che neanche stavolta si vedrà nulla! Io lo so, la luna non c'è; e come può fare il castello a ficcare i merli nella luna? Dimmelo tu che lo sai!

Infatti io, che di castelli in aria me ne intendo, lo consigliai di attendere con fede, poiché certamente esso sarebbe stato visibilissimo anche di giorno, così pieno di luce e di colori com'era; in quanto ai merli poi, esso li avrebbe infilzati con suo comodo nella luna a notte fatta, mentre lui, Nicò, avrebbe dormito i suoi pacifici sonni accanto al babbino, sognando magari il suo faccione ridente trafitto da mille punte.

Questa soluzione impensata gli dette molto da riflettere; ed egli rimase assorto col nasino schiacciato contro il vetro e gli occhi fissi al paesaggio fuggente. Così s'addormentò. La sua piccola mamma se lo tenne in grembo ed egli si trovò a destinazione senza accorgersene, e soprattutto senza disturbare nessuno. Io lo vidi felice, felice stretto al collo del suo babbino, che era li ad attenderlo impaziente; lo credevo immemore del suo sogno puerile, quando lo sento esclamare: - Non c'era, sai, babbo, il tuo castello in aria! - Ma tu hai attesa? - chiese il babbo. - Si, si, si! stavo sempre con gli occhi così, guarda - e li sbarrava quant'eran grandi.

- Ebbene, non occorre vederlo, bambino mio, basta sognarlo, immaginarlo, attenderlo; perché:

Se lo sfiori con lo sguardo el dileguasi repente via pei cieli si distà; e tu resti triste e tardo soffocato nel tuo niente, che l'incanto se ne va!

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