Lavoro e FormazioneJobs Act, Consulta aumenta le tutele per i lavoratori licenziati

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Jobs Act, Consulta aumenta le tutele per i lavoratori licenziati

La Corte costituzionale ha allargato la tutela per i lavoratori licenziati che il Jobs Act aveva invece limitato

Inserito da (Redazione Nazionale), giovedì 22 febbraio 2024 21:36:00

Il Jobs Act voluto dal governo Renzi nel 2015 e che tante modifiche aveva apportato alla legge 300, meglio conosciuto come Statuto dei lavoratori del 1970, ha subito un altro 'colpo' da parte della Corte costituzionale ha deciso di allargare la tutela per i lavoratori licenziati che il Jobs Act aveva invece limitato.

È la sentenza numero 22 del 2024 con cui la Consulta ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola "espressamente", tornando di fatto ad ampliare la possibilità di reintegro nel posto di lavoro ed eliminando così i paletti introdotti dal Jobs Act per tutti i nuovi assunti.

Si trattava del contratto di lavoro a tutele crescenti per i neo assunti e che era stato introdotto dallo stesso decreto.

"Siamo contenti che esca questa sentenza" ha commentato Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil precisando che "questa sentenza è un passo avanti nella ridefinizione e anche nel riequilibrio del Jobs Act".

Favorevole alla sentenza anche la Cisl con il segretario confederale Mattia Pirulli:

"Riteniamo sia condivisibile in quanto amplia la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici anche ai casi di nullità non espressamente previsti dalla Legge. Potrà avere un impatto positivo sul piano operativo senza intaccare i principi fondativi del contratto a tutele crescenti che troppo spesso sono stati oggetto di critica al Jobs Act".

La CGIL, per il momento non commenta, riservandosi invece di commentare nel dettaglio, ritenendola comunque una sentenza positiva, anche se contesta tutto il decreto legislativo n.23.

L'articolo su cui si è espressa la Consulta prevede che il giudice, con la pronuncia con cui dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, "ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto".

Secondo l'interpretazione della Corte invece questa disposizione "è stata ritenuta illegittima nella parte in cui, nel riconoscere la tutela reintegratoria, nei casi di nullità previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), l'ha limitata alle nullità sancite "espressamente"".

Questa limitazione era stata contestata dalla Cassazione che si era quindi rivolta alla Consulta.

Secondo la Cassazione il decreto legislativo del 2015 aveva violato l'articolo 76 della Costituzione che regola l'attuazione delle leggi delega.

Secondo i giudici della Corte Costituzionale:

"Prevedendo la tutela reintegratoria solo nei casi di nullità espressa, il Jobs Act ha lasciato prive di specifica disciplina le fattispecie "escluse", ossia quelle di licenziamenti nulli sì, per violazione di norme imperative, ma privi della espressa sanzione della nullità, così dettando una disciplina incompleta e incoerente rispetto al disegno del legislatore delegante".

 

FONTE FOTO: Foto diJanno NivergalldaPixabay e Foto diMiguel Á. PadriñándaPixabay

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